Non c’è solo la Serie A alla ricerca di un presidente, anche la Lega Dilettanti presto dovrà eleggere la sua nuova guida. Ma a differenza dei ricchi patron che sono ancora in alto mare sulle candidature, i piccoli potentati del territorio potrebbero aver già trovato il nome nuovo, che poi è anche vecchio: Giancarlo Abete, ex n.1 della Figc, attualmente commissario, sembra pronto a tornare ancora una volta presidente per i Dilettanti. Con una piccola controindicazione: se fosse eletto, secondo la legge sul limite dei mandati non potrebbe rappresentarli in Federazione.
La Lnd è un enorme impero, che conta un milione di tesserati e vale il 33% dei voti in FederCalcio, tanto potente quanto ingovernabile. È stata per 20 anni il feudo di Carlo Tavecchio, che da lì è riuscito ad arrivare addirittura alla guida della Federazione. Poi era passata nelle mani di Cosimo Sibilia, figlio dello storico presidente dell’Avellino, parlamentare ex Forza Italia (ora nel movimento di Toti). La sua era è durata quasi 5 anni e si è conclusa a ottobre, quando Sibilia è stato costretto a dimettersi perché sfiduciato, dopo aver sfidato il n.1 Figc Gravina e perso. Da allora la Lega Dilettanti, che rappresentava l’unica opposizione al presidente federale, è stata commissariata.
Il compito di rimettere insieme i cocci è toccato ad Abete, uno dei dirigenti più esperti e navigati del nostro calcio, che era uscito come presidente dalla porta della Figc dopo il disastro ai Mondiali 2014, ma era già rientrato dalla finestra nel 2016, come consigliere della Serie C. A lui il pallone aveva pensato anche nel 2018, quando si trattava di trovare un candidato unitario per uscire dal commissariamento del Coni; in quella circostanza, aveva fatto da garante del famoso patto, poi non mantenuto, tra Gravina e Sibilia, che prevedeva una staffetta tra i due. Poi proprio Gravina lo ha nominato commissario dei Dilettanti.
Ora le urne sono state convocate per il 21 marzo e inizia il processo elettorale: i Comitati regionali devono indicare i loro candidati, su cui poi avverrà il voto. Diversi capibastone locali ci sperano, fra questi anche il solito Tavecchio, sempre per la serie il nuovo che avanza (pure lui è da poco tornato in pista dopo l’esilio). Ma la soluzione più probabile è che il vecchio commissario diventi anche il nuovo presidente: il profilo di Abete è troppo autorevole, sbaraglierebbe tutti gli altri. La sua elezione sarebbe dunque un grande, eterno ritorno, perché tutto torna nello sport italiano: quando ci sono posti di potere e poltrone da assegnare, gira e rigira saltano fuori sempre gli stessi nomi. Ed è proprio questo il punto: qualche anno fa il governo ha varato una norma apposta per impedirlo.
La legge 8/2018 (firmata dal ministro Lotti) ha stabilito un limite di tre mandati per tutte le cariche sportive. Non riguarda la Lega Dilettanti, che è un’organizzazione privata: Abete è candidabile, il problema si porrebbe una volta eletto. Da presidente sarebbe chiamato alle riunioni della FederCalcio come consigliere, ma i tre mandati li ha già svolti. E poco conta il fatto che la carica sia elettiva o di diritto, una pronuncia del Collegio di garanzia ha stabilito che non fa differenza. Potrebbe partecipare da “invitato” senza votare, ma così la Lega perderebbe uno dei suoi 6 voti in consiglio, con un oggettivo danno al suo peso politico: per i Dilettanti sarebbe un autogol eleggersi un presidente che non può rappresentarli in Federazione.
L’eccezione alla regola però è sempre dietro l’angolo. Già esiste: dalle scorse elezioni Figc siedono in consiglio Claudio Lotito (Serie A) e Umberto Calcagno (calciatori), entrambi hanno superato i tre mandati, ma partecipano e votano come niente fosse. Lotito nel 2018 aveva ottenuto una sentenza favorevole dalla corte federale, per cui la legge non poteva essere retroattiva e quindi i tre mandati andavano calcolati dalla sua entrata in vigore. Da allora nessuno ha più obiettato nulla. Fra qualche settimana, magari, a loro si aggiungerà pure Abete. Evidentemente non basta una legge per cambiare il calcio italiano. Il calcio italiano non cambia, i suoi presidenti nemmeno.
Autore: Massimo Poerio
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