Una storia di sogni infranti e promesse non mantenute emerge dal racconto di Daniele Di Porto, giovane centrocampista classe 2005 dell'Albenga, che ha condiviso la sua drammatica esperienza all'interno di un club calcistico ormai azzerato dopo l'esclusione di prima squadra e juniores dai campionati.
Il diciannovenne romano, con un passato nelle giovanili di Lazio e Cosenza, era arrivato ad Albenga lo scorso luglio, contattato dal direttore Virdis. Quella che sembrava l'opportunità di realizzare un sogno - la prima stagione tra i "grandi" in Serie D - si è rapidamente trasformata in un incubo.
"Ero convinto che i miei sogni si stessero realizzando", racconta Di Porto, come riportato da Ivg.it. "Ho trovato da subito un ambiente splendido. Il Mister Mariotti un allenatore veramente TOP, una squadra e dei compagni che hanno accolto me e tutti gli altri giovani con grande simpatia e serietà".
I problemi sono emersi presto con la gestione Bisazza-Candela (quest'ultimo "si è fatto una foto e poi non si è più visto né sentito"). Già a novembre si è assistito a un fuggi fuggi generale dei dirigenti, seguito dall'addio dei giocatori più esperti e da un continuo turn-over di atleti. Il tutto in un contesto di voci crescenti su debiti accumulati, poi confermati pubblicamente dal ristoratore che forniva i pasti alla squadra e dall'ex presidente Andrea Tomatis, che ha dichiarato un passivo di 185mila euro solo per materiale sportivo.
"I primi disagi sono cominciati dopo il primo mese, quando le prime spettanze non sono arrivate nei tempi previsti", spiega Di Porto. "Nonostante le continue rassicurazioni del Sig. Bisazza, dopo due mesi gli unici ad aver ricevuto qualche cosa siamo stati proprio noi giovani, in sostanza il primo mese".
La situazione è precipitata rapidamente: "A tutto questo si andavano sommando preoccupanti notizie anche dal ristoratore e dalle case che in quel momento stavamo occupando. Tutti reclamavano soldi dalla società". Dopo la partita contro il Vado, ultimo ultimatum dato dalla squadra alla dirigenza, la maggior parte dei giocatori ha deciso di andarsene.
Di Porto, inizialmente convinto a restare dal nuovo allenatore Thomas Massa, ha vissuto situazioni al limite: "Niente stipendi, niente soldi, ristorante che non poteva più erogarci i pasti perché non pagato. Ho vissuto con grande disagio e imbarazzo il dover chiedere alla società i soldi per poter mangiare, non parlo di una sana alimentazione sportiva ma il minimo per poter sopravvivere".
Il calciatore racconta anche episodi particolarmente critici, come la notte insonne prima della partita contro il Ligorna, quando lui e i compagni di casa erano "praticamente con le valigie fatte e i biglietti del treno in mano" perché il proprietario aveva intimato loro di lasciare l'appartamento. Solo un pagamento dell'ultimo minuto ha evitato lo sfratto.
Contrariamente a quanto sostenuto da Bisazza, che aveva parlato di minacce esterne, Di Porto chiarisce che la mancata presentazione della squadra alla partita contro l'Imperia è stata una scelta di protesta dei giocatori: "Stanchi di ricevere le solite promesse, ci siamo imposti di non scendere in campo... ognuno di noi ha preso questa decisione in piena autonomia senza alcun condizionamento".
Il giovane conclude la sua testimonianza con un pensiero ai tifosi dell'Albenga: "Sono l'altra parte di questa storia che io non dimenticherò mai. Li ho visti ovunque, orgogliosi delle loro sciarpe, dei loro striscioni e pieni di amore e passione per la squadra. Chiunque vorrebbe tifosi così. Le loro contestazioni sono state frutto della delusione". E promette: "In qualsiasi categoria il prossimo anno sarà l'Albenga, io ad una partita siederò in tribuna, avrò la mia sciarpetta e farò il tifo".
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