Nessuno come lui in Europa. È Gigi Squillante, l’allenatore del Gladiator Santa Maria Capua Vetere, la squadra casertana che gioca nel campionato italiano di calcio di serie D e che è ancora imbattuta.
Sì, perché il team allenato dall’uomo venuto da Sarno sta dimostrando di saper solo vincere. Il suo Gladiator ha infranto ogni record: con 22 gare di campionato senza sconfitte è diventato l’unico team imbattuto in tutta Europa nella stagione in corso, dalla serie A alla D.
Nemmeno le big del calcio internazionale come il Barcellona di Messi, il Porto o il Psg di Ibrahimovic e Lavezzi riescono a stare al passo. Eppure, il record di Squillante non è frutto di stregonerie tattiche, né di moduli alla Oronzo Canà come la bi-zona vista solo al cinema. «Si tratta di giocare semplicemente con un po’ di spregiudicatezza. Io non faccio altro che mettere in pratica un modulo 4-3-3 integrale», assicura l’allenatore del momento. Il resto «lo fanno i giocatori, che seguono alla lettera le mie indicazioni».
Alla faccia dei puristi del calcio professionistico, lui riesce a conciliare due vite. Abita a Sarno e fa il pendolare, passando la giornata fra treno e auto: docente ogni mattina a Cassino (dove ha una cattedra all’università e all’Itc Aldo Moro), allenatore nel dopolavoro a Santa Maria.
Come si sente ad allenare l’unica squadra imbattuta in Europa?
«Orgoglioso se penso al record ma cerco di non pensarci troppo, altrimenti finisce che iniziamo a perdere».
Qual è il segreto dei successi del Gladiator di quest’anno?
«È quello di restare come in trance, anche se più che di segreto parlerei di miracolo low cost visto che tutta la squadra è costata appena 400mila euro. Un miracolo inversamente proporzionale alla spesa».
Cosa è cambiato nella sue giornate dopo il record?
«Mi stanno arrivando molte più telefonate. E anche molti più scherzi da parte degli amici del calcetto, quindi per evitare figuracce adesso ci vado con i piedi di piombo al cellulare, sono diventato più sospettoso».
Come fa a motivare i suoi giocatori, per evitare cali di tensione dopo tutte queste vittorie?
«Continuo a dire che non devono pensarci, ci alleniamo e focalizziamo l’attenzione sul prossimo avversario. Fino al sabato va tutto bene, poi li lascio liberi per stare le con famiglie alla vigilia del match e, in realtà, l’ansia viene a me. Quando arriva la gara, però, tutto svanisce».
Qualche scaramanzia prima di ogni match?
«Sono molto scaramantico ma non voglio dire nulla. Magari si può sospettare qualcosa se in pieno inverno sono ancora con la maglietta a maniche corte».
Meglio di tutti in Europa ma siete secondi nel girone dietro all’Ischia...
«A parte che hanno speso due milioni per fare la squadra e sulla carta sono più forti di noi, ma in qualunque altro campionato saremmo primi. Io posso contare su due giocatori di categoria (Manzo e Del Sorbo) attorno ai quali c’è un team di giovani e un gruppo di giocatori che ha voglia di riscatto. Le motivazioni ci stanno trascinando fin dall’inizio del ritiro».
Promozione ancora possibile?
«Loro sono devastanti, ma noi siamo anche belli da vedere. Adesso è partito l’attacco all’Ischia. Se arriviamo allo scontro diretto con 5 punti di distacco, tutto è ancora possibile».
Non perdete, ma qualcuno pensa che lei soffra di pareggite?
«C’è stata una fase in cui abbiamo perso terreno, ma io voglio sempre vincere. Certo, a cinque minuti dalla fine dico anche ai miei di non perdere se non la possono vincere. I problemi di risultati sono coincisi con l’infortunio di Manzo, che mantiene i nostri equilibri. Quando è tornato abbiamo ripreso a correre. E’ anche vero che il campo di Santa Maria è quasi impraticabile e penalizza il nostro gioco tecnico».
Ci sono delle squadre di Prima e Seconda Divisione che hanno già mostrato interesse per lei, si sente pronto per il salto di qualità?
«Per questo dovrò chiedere ai miei figli, perché stanno bene a Sarno. Mia moglie è di Caserta ma gestisce un nostro negozio di abbigliamento proprio a Sarno, nella mia città. Magari il salto di qualità riesco a farlo proprio restando a Santa Maria».
Come riesce a gestire la vita da pendolare del calcio con la famiglia?
«Con tante difficoltà perché faccio soffrire soprattutto la famiglia alla quale sono costretto a sottrarre molto tempo. Ed è proprio a mia moglie Roberta e ai miei figli Noemi, Giada e Mario (tifoso del Napoli, ndr) che voglio dedicare il record in campionato per la pazienza che hanno con me».
C’è un sogno che non ha ancora realizzato?
«Sì, vorrei riuscire ad avere abbastanza fondi per far sì che la scuola calcio che ho creato e gestisco da 25 anni con mio fratello (l’Ippogrifo Sarno) possa diventare una grande struttura per aggregare giovani ed aiutare i ragazzi ad avere un’alternativa sociale in un mondo che ora è solo business».
Autore: Davide La Rocca
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