Paolo Indiani ha compiuto l'impresa. Da metà luglio, quando è arrivato con i sandali da tedesco e la sacca dei palloni, fino all'ovazione dell'Armando Picchi di domenica scorsa, il tecnico ha trasformato il Livorno in una vera e propria macchina da guerra calcistica.

Il suo approccio è stato sin da subito chiaro: lavoro, sudore e determinazione. "Dobbiamo pensare solo a lavorare, è un campionato duro", dichiarò nel primo incontro con la stampa. E così è stato. Un percorso caratterizzato da una crescita esponenziale dei giovani talenti come Marinari, Parente, Arcuri e Malva, che hanno contribuito al dominio del campionato.

La sua leadership è stata quella di un vero "generale": severo e intransigente all'inizio, capace poi di sciogliersi e tributare elogi ai suoi ragazzi. Un allenatore che non si è mai accontentato, sempre alla ricerca di miglioramenti e dettagli da perfezionare.

L'apoteosi è arrivata domenica, con la curva Nord che per la prima volta gli ha dedicato un coro personalizzato, un onore riservato solo ai grandi. "Vincere qui sarebbe una soddisfazione diversa da tutte le altre piazze", aveva detto a giugno, e il post partita ha dimostrato quanto queste parole fossero genuine.

Il futuro ora è tutto da scrivere. La società dovrà affrontare il rinnovo di Indiani, consapevole che per trattenere un tecnico del suo calibro servirà un progetto convincente. Già si muovono Grosseto e Gavorrano, ma la prospettiva di riportare il Livorno tra i professionisti sembra essere l'opzione più appetibile.

Indiani entra di diritto nella storia del club, tra i grandi allenatori che hanno lasciato un segno indelebile. Non solo per i risultati, ma per l'amore reciproco con una piazza che lo ha già adottato come un suo figlio.

Sezione: Serie D / Data: Mar 04 marzo 2025 alle 20:30
Autore: Andrea Villa
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