L'avventura di Simone Bentivoglio sulla panchina del Piacenza si è conclusa in modo clamoroso e burrascoso, dopo appena poche ore dall'ingaggio. Un'escalation di eventi che ha coinvolto la società, l'allenatore e i tifosi, sfociata in un esonero e in una serie di accuse reciproche.
Tutto ha avuto inizio con la decisione del Piacenza di affidare la guida tecnica a Bentivoglio. Una scelta che, però, è stata subito contestata dai tifosi, che hanno espresso il loro dissenso per il coinvolgimento dell'allenatore nel caso di calcioscommesse del 2011.
Nonostante Bentivoglio abbia sempre sostenuto la propria innocenza, scontando una squalifica di 13 mesi con la Giustizia Sportiva per omessa denuncia, l'ombra del passato ha continuato a pesare sulla sua figura.
Minacce e pressioni
La situazione è degenerata rapidamente. Bentivoglio ha denunciato di aver subito minacce e aggressioni verbali da parte di alcuni tifosi, sia negli spogliatoi che durante gli allenamenti. L'allenatore ha inoltre affermato che i dirigenti gli avrebbero comunicato la decisione di esonerarlo a causa delle pressioni ricevute, sostenendo di essere stati minacciati loro e le loro famiglie.
La risposta del Piacenza Calcio
La società ha respinto le accuse di Bentivoglio, sottolineando come la decisione di interrompere il rapporto di collaborazione sia stata presa nell'interesse della squadra e della città. Il Piacenza Calcio ha affermato che l'ambiente creato dalle contestazioni dei tifosi non avrebbe consentito a Bentivoglio di lavorare serenamente e di ottenere risultati positivi.
Un clima di tensione
La vicenda ha creato un clima di grande tensione all'interno dell'ambiente piacentino. Da un lato, Bentivoglio si è sentito vittima di un'ingiustizia, accusando i tifosi e la società di non avergli dato una seconda possibilità. Dall'altro, la società ha sottolineato la necessità di creare un ambiente sereno e coeso per la squadra.
Autore: Redazione Notiziario del Calcio / Twitter: @NotiziarioC
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