Ha accettato la corte del Real Casalnuovo e senza troppi problemi si è calato nel campionato di Serie D per farsi le ossa, senza paura di fare la gavetta nonostante un cognome pesante.

Questo è il giovane diciannovenne difensore centrale Andrea Cannavaro, figlio del campione del Mondo e Pallone d'Oro Fabio, che si è confessato in una intervista rilasciata al quotidiano "Il Mattino": «Non mi faccio condizionare dal cognome perché attorno ho persone che mi danno i consigli giusti. Anche i compagni mi fanno capire che io sono io e devo pensare solo a me stesso come Andrea Cannavaro, non il figlio di. Quando ho iniziato a giocare a calcio quel cognome mi faceva un po' paura: entravo in campo e sapevo di dover fare per forza bene perché sarei stato giudicato. Crescendo l'ho preso come una motivazione in più, ho cambiato il punto di vista e mi ha dato una mano nei momenti di difficoltà. Le testa e la forza di avere sempre la lucidità in ogni momento. Me lo dice sempre: la forza di un calciatore non viene dai piedi ma dalla testa, quella fa la differenza. Io in una squadra allenata da mio padre? No dai (ride) già ce l'ho a casa. Rispetti sempre un padre e lo ammiri, ma come allenatore sarebbe tosta perché martellava in campo e martella in panchina. In bici non posso stargli dietro, va troppo forte. Ha compiuto 50 anni, ma se ne sente la metà. Anche per questo lo ammiro molto, sembra quasi più atleta di prima. A volte, dopo gli allenamenti, sto sul divano e mi sento morto, lui torna da 200 chilometri in bici e sta una bellezza. L'ho detto: tutta una questione di testa. In allenamento marco Reginaldo come faceva mio padre in Serie A? Reginaldo ha 40 anni e va ancora forte. Papa non è ancora venuto a vedermi giocare. Ma quando verrà non voglio saperlo, voglio scoprirlo. Devo giocare senza pensieri».

Sezione: Serie D / Data: Gio 12 ottobre 2023 alle 00:00
Autore: Anna Laura Giannini
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