Spalletti: «Siamo stati bravi fino ad un certo punto...»

30.06.2024 16:45 di  Francesco Vigliotti   vedi letture
Spalletti: «Siamo stati bravi fino ad un certo punto...»

Si è presentato in conferenza stampa stamane Luciano Spalletti, commissario tecnico della nazionale italiana. Naturalmente, il selezionatore della squadra azzurra ha fatto un bilancio di questo deludente cammino italiano ad Euro 2024 (Leggi qui la notizia completa). Da Iserlohn, prima di rientrare in Italia, l'allenatore, che ha parlato dopo Gravina (Leggi qui la notizia completa) ha aperto la conferenza stampa con una sua dichiarazione prima di concedersi alle domande della stampa.

«Mi fa enormemente piacere ringraziare i tifosi per la vicinanza e l'amore che ci hanno dimostrato, ringraziare i calciatori per la disponibilità. E soprattutto lo staff di tutta la Federazione per la qualità e per la disponibilità nel trovare soluzioni per qualsiasi piccolo problema potesse esserci. C'è dispiacere perché attraverso il mio risultato non è stato fatto vedere il loro livello di qualità, loro sono davvero dei top collaboratori. Sono quello che ha più responsabilità di tutti».

Tornasse alle convocazioni cambierebbe qualcosa?
«È un giochino che non faccio quello di tornare indietro... Sono stato nella mia vita sempre attento a guardare a ciò che devo fare successivamente, è con quello che andrò nel mio futuro. Indietro non ci posso tornare, ma è chiaro che qualcosa ho sbagliato: ho tentato di ringiovanire la squadra e siccome rimango qui in futuro verrà fatto ancora di più».

È stato il miglior Spalletti possibile quello visto in questa avventura con la nazionale italiana?
«La risposta è no, altrimenti oggi sarei qui a fare dei discorsi diversi. MI è stato attribuito di aver alzato troppo i toni, di aver fatto uso di miti da seguire però ho impostato così tutta la mia vita. Ci vogliono sempre degli esempi da seguire. Ci sono molte cose ancora da far vedere e il mio impegno sarà ugualmente totale, probabilmente con esperienze fatte e conoscenze in più perché poi bisogna essere completi e onesti nel racconto di queste 14 partite. Io sono entrato dentro quando c'era un'urgenza di risultati e probabilmente per ciò che necessitava il momento siamo stati bravi fino a un certo punto, non siamo riusciti a crescere dentro a questo mini-percorso fatto e nella gara di ieri s'è fatto un passo indietro importante che non si può accettare. Ma si riparte da lì e io penso di sapere cosa fare».

Cosa c'è da cambiare?
«Dopo la partita di ieri siamo tornati a zero e da lì dobbiamo ripartire. Nelle scelte future tenterò di ringiovanire ulteriormente la rosa perché la gestione di alcune cose non mi ha dato le risposte che cercavo. Si va a cercare un futuro più dal basso, più giovane, con energie nuove e che abbia forze nuove».

Con la Svizzera non c'è stata reazione. Come si ovvia a questo?
«Calciatori del livello di Chiellini e Bonucci sono difficili da trovare, ma s'è visto anche che dando spazio a calciatori come Calafiori si possono trovare nuovi protagonisti. Noi dobbiamo fare questo percorso e andare dritti su questa strada, in campo vanno prese delle decisioni».

È stata la notte più dura per lei?
«Notte più complicata no, a volte sono state complicate anche delle notti da gestire. Ho ricevuto tante pacche sulle spalle, in questi anni mi sono fatto migliaia di amici che sono lì a supporto e la più evidente è la chiamata di Matilde, il suo ti voglio bene».

Il risultato non è di per sé scandaloso: così lei ha detto ieri, ce lo spiega?
«Se giudichiamo l'Europeo dobbiamo dire che ci siamo arrivati con una qualificazione meritata, anche se difficile. C'era subito l'urgenza di questi risultati e sapevamo di avere un girone con difficoltà massimali, lo racconta un po' anche la storia: abbiamo affrontato squadre organizzate da un punto di vista di esperienza e maturità. Noi sia come esperienza fatta che come età media eravamo tra le 5-6 squadre più giovani, addirittura la penultima come presenze dei calciatori convocati dentro questa competizione. Però era una scelta fatta insieme e pensavamo a risultati differenti. Fino alla qualificazione c'è stato un adattamento, una reazione nelle partite che è stata differente da ciò che abbiamo visto ieri. Ieri no, non c'è stata e si rimane male, si diventa responsabili in maniera importante. Sulla seconda domanda dico che tutti i giorni, dopo tutti gli allenamenti sono andato a confronto con la squadra: il dialogo diventa fondamentale e con molti ho parlato faccia a faccia, ho parlato sempre come allenatore alla squadra e non ho visto criticità particolari in quello che è stato il rapporto. Ho cercato di fare il mio lavoro al 100%, ho ritenuto giusto non lasciar passare nulla. Ieri ho messo gente più fresca nella squadra, ma è un'analisi che devo fare quella sul rapporto con la squadra. Mi è sembrato tutto abbastanza normale perché poi da qualche situazione del genere ci sono passato: quando lotti per non retrocedere in C2 è la stessa roba, la stessa pesantezza. Qui cambia il volume, c'è la maglia dell'Italia, ma è la stessa roba aldilà della categoria».

È rimasto un po' deluso da quanto hanno fatto in campo i calciatori?
«Ho detto in queste conferenze che ero rimasto positivamente sorpreso dalla disponibilità e dalla voglia di accelerare della squadra per imparare certe cose. Però dalla partita di ieri sono rimasto un po' deluso, non ho visto reazione. Prima parlavo di adattamento quando siamo stati in difficoltà e quell'adattamento c'è stato anche con la Spagna, dove abbiamo meritato di perdere ma almeno c'è stata una reazione finale. Ieri ho visto meno questa rabbia di voler andare a recuperare palloni, di voler sfidare e duellare un avversario che era alla nostra portata e diverso dalla Spagna per qualità. Le analisi io le faccio in maniera corretta andando soprattutto a vedere, ad approfondire ciò che vado a vedere precedentemente. La partita ha una realtà differente da tutto il resto. Abbiamo fatto troppo poco e se la risposta è questa io sicuramente devo fare qualcosa di diverso».

Rispetto a tre anni fa è sembrata un'Italia triste...
«L'umore nella squadra era perfetto, correttissimo. Poi se lei si riferisce a sorrisi plastificati non lo so, ma c'era la giusta riflessione sull'importanza del torneo. C'era un gruppo sano, un gruppo solido e non si vanno a dire bugie. Non so la sua impressione da cosa possa scaturire, ma io li ho visti tranquilli nelle cose che potevamo e dovevamo fare sia nell'allenamento che fuori. Tutti molto legati, molto amici, con questa stanza tutti insieme a giocare. Che poi possa diventare un peso la maglia azzurra non lo so, ma dopo questa gara cercheremo di andare a capire e cercheremo delle risposte. Ieri prima di andare via nella riunione della mattina abbiamo chiesto chi non se la sarebbe sentita di tirare il calcio di rigore e ce ne sono stati diversi che non hanno alzato il braccio, che non lo volevano battere. Queste prove qui verranno fatte anche per capire chi se la sente di gestire questa pressione, ma va fatto un racconto completo e onesto. Non tanto per far venire fuori un polverone perché c'è già polvere di suo».

È a suo agio da selezionatore piuttosto che da allenatore?
«Le differenze sono oggettive. Io oggi a un giocatore gli dico una cosa, domani per riuscire ad avere una reazione faccio un'altra cosa, lo incoraggio e lo faccio rigiocare. Qui non lo puoi fare perché non hai tutta quella possibilità di giocare con la mente del soggetto, con l'esperienza del soggetto. Il vestito me lo sono rimesso anche oggi, mi sta benissimo. Però è chiaro che delle differenze ci sono a fare l'allenatore della Nazionale e se queste hanno portato delle complicazioni devo fare in fretta anche io a completare questo percorso, questa esperienza qui mi mette davanti a cose nuove che probabilmente devo imparare velocemente».